Claudio Amendola se la prende con i giovani “poco umili”, ipnotizzati dal mondo virtuale piuttosto che “dai lavori che facevamo noi un tempo”

Sul tema del lavoro per i giovani si lancia a capofitto anche Claudio Amendola. L’attore ha aperto da pochissimi mesi il suo ristorante “Frezza Cucina de Coccio” nel cuore di Roma, in via della Frezza, traversa di via del Corso. Sta cercando personale, ma per ora in pochi sembrano davvero interessati all’opportunità di lavoro proposta dall’attore. “Oggi i giovani non vogliono proprio fare i lavori che facevamo noi”, spiega Claudio. Il problema è a monte.

Non si parla di caro-affitti, tema ricorrente e più recente del dibattito in voga negli ultimi mesi: ovvero quello tra chef e vip impegnati nella ristorazione. Il quesito da un milione di euro è il seguente: “I giovani non hanno voglia di lavorare o sono semplicemente poco stimolati dalle desolanti e precarie condizioni di lavoro a cui devono sottoporsi?”. Il protagonista de “Il Patriarca” è sicuro, almeno per quanto riguarda il suo locale: “I turni – spiega – son quelli dovuti e onestamente non mi sembrano impossibili”.

Dirigere un ristorante con la stessa dedizione del set: “Voglio il massimo da tutti”

Ovviamente, riconosce che il locale sottopone i dipendenti a tanto impegno nelle “ore” di punta, dove il lavoro “è duro”. Il punto vero, però, è che ai giovani “manca l’umiltà”. Il desiderio dei ragazzi di non voler fare “i lavori che facevamo noi” è il risultato di una società “svogliata” che al “sudore” e alla “fatica”, preferisce “lavori moderni, da tastiera”. Anche perché impegnarsi fisicamente “fa paura”.

L’attore dirige sul set e lo fa anche in sala: “Vedessi la faccia delle persone quando apro la porta!”, esclama nell’intervista rilasciata. La sua squadra, afferma, non è sottoposta a “orari massacranti”, ma da buon ristoratore chiede di “tirare fuori il massimo da tutti”, proprio come avviene quando si registra un film.

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