Per difendere sua mamma, Alex uccise il papà con 34 coltellate: un caso che scuote le coscienze. Non vorrei essere nei panni del giudice che si dovrà pronunciare sulla fine di Alex. Il ragazzo di 20 anni che, nel 2020, a Collegno, nel Torinese, uccise suo padre – un uomo violento – per difendere la madre ed evitare che quell’uomo, in un raptus, sterminasse tutta la famiglia. Non vorrei essere nei panni di quel giudice perché questo è il classico caso che scuote le coscienze. Ha fatto bene Alex a difendere la madre, oppure va punito per il suo gesto, condannato come qualunque assassino?
È una domanda legittima. Il ragazzo, in primo grado, era stato assolto per legittima difesa. La Corte aveva dato per buona la tesi dei suoi avvocati, secondo i quali, quello di Alex, era stato un gesto disperato. L’estrema ratio di chi deve scegliere tra la sua condanna a morte e quella della madre, e uccidere un padre violento, che alla madre, la picchiava tutti i giorni.
Nel processo di secondo grado, l’accusa ha messo in evidenza una serie di fatti. In primo luogo, il padre di Alex, secondo il magistrato è stato pugnalato trentaquattro volte e con sei coltelli diversi. In secondo luogo, per il pm il pericolo non era imminente: in parole povere, Alex ha accoltellato il padre quando era disarmato. E questo non solo fa di lui un assassino, ma farebbe tramontare la tesi della legittima difesa. “A volte ci vuole coraggio – ha detto il pubblico ministero alla Corte – il coraggio di condannare”. E ha chiesto per Alex quattordici anni di reclusione.
La responsabilità del giudice che pronuncerà una nuova sentenza: ne va del futuro di un giovane
Il ragazzo non ha mai detto di essere innocente. Ha sempre detto di aver ucciso per sopravvivere. Non possiamo sapere che storie avremmo raccontato oggi se suo padre fosse rimasto in vita. Forse avremmo raccontato la morte di Alex e di sua madre, i cui nomi si sarebbero aggiunti alle centinaia di vittime di violenza domestica. Oppure magari no. Magari, avremmo raccontato un’altra storia.
Sappiamo però che ci vuole fegato e una buona dose di odio per accoltellare un uomo, a maggior ragione se quell’uomo è tuo padre. Nessun figlio lo farebbe a cuor leggero. Qualcosa, in quella casa, deve essere successo. Ecco perché il giudice che dovrà pronunciare una nuova sentenza ha una bella responsabilità perché il rischio di sbagliare, in un senso o nell’altro, è enorme e ne va del futuro di un ragazzo.
