Si sta facendo un gran parlare del 41-bis, il regime del carcere duro al quale di solito vengono sottoposti i mafiosi e i terroristi. Se ne è tornato a parlare perché il primo anarchico accusato di due attentati è finito al 41-bis da tre mesi, sta facendo uno sciopero della fame per chiedere una detenzione più sopportabile.

Si è innescato un dibattito a livello politico sul 41-bis. Tensione: qualcuno vorrebbe abolirlo definendolo addirittura una tortura, altri invece vorrebbero mantenerlo. Non so come la pensiate sul 41-bis, ma definirlo una tortura mi sembra eccessivo. Fu una misura utile in tempi di emergenza quando la mafia piazzava bombe contro magistrati e agenti di scorta. E certi mafiosi, macellai, che hanno scannato cristiani a decine, non potendo comunicare con l’esterno, capitolavano.

Abituati alla bella vita, non sopportavano il carcere: si pentivano e vuotavano il sacco. Lo Stato ha guadagnato da questo, indubbiamente ha indebolito Cosa Nostra fino quasi a distruggerla. Ora che gli anni dell’emergenza sono finiti, siamo sicuri di volerlo abolire? Cospito è stato messo al 41-bis perché considerato un terrorista. Perché secondo i magistrati, con i suoi messaggi comunicava all’esterno gli obiettivi da colpire.

Abolizione 41-bis per mafiosi e terroristi: il punto. Ora: se il malato deve essere curato e aiutato a vivere in condizioni dignitose… Ma attenzione, non ci troviamo di fronte a un’Orsolina detenuta ingiustamente, non siamo in presenza di un errore giudiziario. Semmai il vero scandalo è un altro: che Cospito è al 41-bis e Giovanni Brusca, che ha sciolto un bambino nell’acido, si è pentito e oggi, invece di essere in carcere, è a piede libero.

È giusto questo? È giusto che io o voi possiamo entrare in un bar e prendere un caffè accanto a Brusca? Decisamente no. Sono le due facce dello stesso Stato. Forse i nostri politici dovrebbero interrogarsi su questo, sul concetto di giustizia e sulla certezza della pena. Un vero miraggio del nostro tempo.

Continua a leggere su Chronist.it